Quale sentimento credete di provare quando impugnate un controller e vi cimentate finalmente in una nuova partita con i vostri titoli preferiti? Basta poco ormai per diventare un lottatore esperto di arti marziali e tecniche improbabili in un picchiaduro o ancora un buffo personaggio simpaticissimo protagonista assoluto di un’avventura in 3D, per non parlare di un giovane condottiero abilmente equipaggiato in un gioco di ruolo intricato e coinvolgente.
E’ sempre una grande gioia scoprire quello che si cela dietro una nuova ambientazione, fare la conoscenza di nuovi personaggi e di intraprendere un cammino videoludico che soddisfi così la nostra passione, eppure alcuni recenti studi australiani, hanno messo in luce un aspetto a dir poco preoccupante per quanto riguarda l’intesa tra l’utilizzo dei videogiochi e la depressione di cui soffrono alcuni utenti. Dopo il salto ve ne parliamo meglio.
Lo studio condotto da Daniel Loton alla Victoria University ha messo a confronto due gruppi di giocatori: quelli che utilizzano i videogiochi per massimo 21 ore alla settimana e quelli che invece sono soliti fare delle vere e proprie full immersion videoludiche e quindi trascorrono tra monitor e controller ben più di 21 ore settimanali. E’ stato notato che per entrambi i gruppi, ma specialmente per il secondo, alcuni dati particolarmente rilevanti.
Infatti in special modo chi affronta più di 20 ore alla settimana con i videogiochi sembra affetto da depressione quasi a livello clinico, specialmente se si fa largo uso di titoli che sfruttano una meccanica di “coping”, praticamente per vivere una seconda vita virtuale, essendo scontenti della propria reale. Non è chiaro ancora però se questo dato è dovuto al gioco intensivo o semmai siamo di fronte al contrario, ovvero un appeal forte tra depressi per il divertimento con le console. Nuovi studi al riguardo sono in partenza, attendiamo quindi ulteriori sviluppi.