Giochi della memoria, Dark Law – Meaning of Death

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Le trame nel mondo dei videogiochi hanno ormai iniziato a rappresentare un tassello davvero importante per la riuscita totale di un titolo. Nascono addirittura delle scuola di sceneggiatura per videogame, come quella che sorgerà sotto l’ala protettrice di Carlo Lucarelli, noto giallista, autore e conduttore televisivo, ma la convinzione che ormai anche un gioco ha bisogno di una solida base ben scritta è sicuramente ormai alla portata di tutti.

Insomma non basta una grafica accattivante, una colonna sonora da urlo, una giocabilità stellare ed un personaggio di punta a cui affezionarsi. Bisogna dotare di un certo spessore il gioco creando una personalità ben definita al protagonista e dei colpi di scena all’interno dell’avventura qualunque sia il genere di gioco. Tutto questo un tempo non c’era e le trame tendevano a somigliarsi un po’ tutte. Dark Law – Meaning of Death non ne era affatto immune.


Chi non soffre di problemi di memoria potrà ricordare Dark Law – Meaning of Death come uno dei tanti giochi di ruolo che videro la luce sul fiammante Super Nintendo, ma la trama di fondo non tentava minimamente di giocare la carta dell’originalità visto che esponeva ancora una volta problemi tra due regni e una scusa qualsiasi affinché un gruppetto ben assortito di ragazzetti si mettesse in viaggio per riportare pace e prosperità.

Nonostante questo, Dark Law – Meaning of Death offriva il meglio di sé nella grafica, tutto sommato alquanto curata per i canoni dell’epoca ed una sorta di ibrido per quanto riguarda i combattimenti, a metà strada tra i duelli in tempo reale alla Zelda ed un qualsiasi strategico a turni, accontentando così in un colpo solo chi voleva azione pura e chi invece tende a ragionare un po’ di più. Peccato davvero per i problemi di trama, purtroppo all’epoca decisamente ricorrenti.

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