E’ notte fonda, soltanto una timida luna illumina uno sparuto villaggio preistorico, mentre tutti gli uomini delle caverne, nel loro pacifico villaggio, stanno riposando all’interno delle precarie abitazioni cui sono soliti rifugiarsi. Fruscii di foglie lasciano intuire che qualcosa sta accadendo in quella notte profonda: un goloso branco di piccoli dinosauri sta rubando tutte le provviste dell’intero villaggio, lasciando a secco tutti gli abitanti.
Il mattino dopo il capo saggio del luogo sceglie uno della tribù per risolvere la situazione, tirando fuori dalla sua anziana memoria una leggenda particolare: lontano, molto lontano, esiste un posto dove trovare tantissime ossa, moneta di scambio per l’epoca preistorica in cui il gioco è ambientato, una sorta di cimitero dei dinosauri dove i grandi bestioni vanno a morire. L’unico rimedio per sostentarsi durante l’inverno sarà proprio quello di recuperare quante più ossa possibili.
E’ questa la storia e il compito che noi dovevamo portare a termine una volta inserita la cartuccia di Prehistorik Man all’interno del nostro fiammante Super Nintendo, indossando uno svolazzante gonnellino leopardato, assumendo le sembianze di un agile cavernicolo armato di clava e di urlo forsennato in grado di spaventare alcuni nemici. Il tutto ovviamente, come si può facilmente immaginare, era strutturato come uno dei più classici platform.
Lontano dall’ironia tipica di un Chuck Rock di cui abbiamo parlato qualche tempo fa, Prehistorik Man conta su un look decisamente fumettoso e su animazioni simpatiche, ma di una “regia” se così si può chiamare, troppo frettolosa e confusionaria, tanto da rendere un po’ ostici i movimenti del protagonista non sempre ripreso al meglio dalla telecamera. Le ambientazioni sono ovviamente le tipiche dell’era preistorica, ma c’era bisogno di un ennesimo gioco di questo tipo?